Pena di morte nel mondo: in Medio Oriente l’80% delle esecuzioni

Mentre altrove continua il trend positivo che vede la pena capitale in diminuzione negli ultimi 20 anni, in Medio Oriente si va nella direzione opposta. Insieme alla Cina, Iraq, Iran e Arabia Saudita contano l’80% dei casi registrati nel 2013 secondo le stime di Amnesty International.

 

 

Sono almeno 778 le persone messe a morte in tutto il mondo nel 2013. Si tratta di un aumento del 15% rispetto al 2012. Questo dato tuttavia non comprende le probabili migliaia di persone condannate in Cina, dove la pena capitale è coperta dal segreto di Stato.

Ad eccezione dunque di Pechino, l’80% di tutte le esecuzioni è stato registrato in tre paesi: Iran, Iraq e Arabia Saudita.

Nel primo caso, sarebbero almeno 369 le esecuzioni ufficialmente confermate, pari a una crescita del 15% annua; ma secondo fonti attendibili, il numero dei morti a causa della pena capitale potrebbe essere quasi il doppio, circa 700. 

In Iraq invece sono 169 le condanne eseguite ( 30% in più rispetto al 2012), nella maggior parte dei casi per vaghe accuse di terrorismo. Per quanto riguarda l’Arabia Saudita si contano 79 persone giustiziate. Tra queste addirittura tre minorenni al momento del reato. 

Sono questi, in sintesi, i dati più significativi e impressionanti pubblicati dal rapporto sulla pena di morte nel 2013 da Amnesty International. 

Impressionanti perché comunicano che gli aumenti delle esecuzioni sono dovute quasi esclusivamente a 3 paesi, tutti in Medio Oriente. Significativi perché confermano che mentre altrove nel mondo la pena di morte continua, seppur lentamente, ad essere archiviata come strumento di giustizia, in questa regione viene portata avanti con decisione.

“L’aumento delle uccisioni cui abbiamo assistito in Iran e Iraq è vergognoso. Tuttavia, quegli Stati che ancora si aggrappano alla pena di morte sono sul lato sbagliato della storia e di fatto sono sempre più isolati”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International, in un comunicato diffuso il 27 marzo.  

“Solo un piccolo numero di paesi ha portato a termine la vasta maggioranza di questi insensati omicidi sponsorizzati dallo Stato e questo non può oscurare i progressi complessivi già fatti in direzione dell’abolizione”.

Il numero delle esecuzioni in Iran e Iraq pone questi due paesi al secondo e al terzo posto della classifica mondiale, dominata dalla Cina dove – sebbene le autorità mantengano il segreto sui dati – Amnesty ritiene che ogni anno siano messe a morte migliaia di persone. L’Arabia Saudita è al quarto posto con almeno 79 esecuzioni, gli Stati Uniti d’America al quinto con 39 e la Somalia al sesto con almeno 34.

Nonostante i passi indietro del 2013, negli ultimi 20 anni vi è stata una decisa diminuzione del numero dei paesi che hanno usato la pena di morte e miglioramenti a livello regionale vi sono stati anche l’anno scorso. 

Per quanto riguarda il Medio Oriente, nonostante la “maglia nera” rappresentata dai paesi già citati, non ci sono stati casi in Bahrein e negli Emirati Arabi Uniti per la prima volta in 4 anni, sono dimezzati nella Striscia di Gaza ad opera del governo di Hamas e le condanne a morte eseguite in Yemen sono diminuite per il secondo anno consecutivo. 

In controtendenza Amnesty International sottolinea il fatto che il Kuwait abbia ripreso ad uccidere persone per mezzo della pena capitale dopo 6 anni, ed esprime profonda preoccupazione per quanto sta accadendo in Egitto, dove il regime militare sta esercitando in modo alquanto arbitrario la giustizia, in particolare nei confronti dei membri della Fratellanza Musulmana

 

Per leggere il rapporto completo, clicca qui. Qui invece un’interessante infografica interattiva realizzata da Amnesty International. 

 

April 01, 2014di: Stefano Nanni Arabia SauditaBahrain,Egitto,Emirati Arabi UnitiIran,Iraq,Kuwait,Palestina,Yemen,

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