Al piano terra di un edificio di sei piani, gli agenti di Muammar Gheddafi sedevano in una stanza a spiare le email e le chat dei libici, con l’aiuto della tecnologia venduta dall’Occidente. Prove chiare ed evidenti della cooperazione delle imprese straniere nella repressione attuata dal colonnello prima di morire.
Ora sono direttamente gli ex-dipendenti dell’azienda Telecom e Tecnologia Libia (LTT) a rendere noti i dettagli sulle modalità con cui il governo libico sorvegliava internet e le reti telefoniche.
Queste testimonianze dimostrano quanto fossero ben consolidate le relazioni tra le società straniere di IT (Information Technology) e quelli che ora tutti chiamano ‘regimi’: quindi quello di Gheddafi, ma anche del tunisino Ben Ali, dell’egiziano Hosni Mubarak, del siriano (non ancora deposto) Bashar al Assad, solo per citarne alcuni.
Oggi si scopre che il collonnello ha rapidamente adottato tecnologie di filtraggio e bloccaggio, impiegando gli esperti occidentali (e non solo), proprio per attaccare i siti dell’opposizione e i loro mezzi di comunicazione. Gli stessi che oggi salutiamo come il ‘nuovo volto della Libia liberata’.
Secondo i dipendenti della LTT Gheddafi aveva imprese ‘amiche’ un po’ dovunque: Stati Uniti, Francia, Cina, Est Europa ed Emirati Arabi. Tutte famose: Cisco, Nera Networks, Alcatel-Lucent, Siemens Ericcson, Huawei e ZTE.
Che le reti fossero sorvegliate – sottolinea Ivan Sigal – ed eventualmente filtrate o bloccate dal regime libico stesso, è cosa nota da molti anni. E anche ora che il dittatore è caduto, molti blogger e attivisti continuano a essere più che cauti nel rivelare la loro identità, così come ciò che scrivono e dove si trovano. Data l’incertezza del futuro politico del paese, la sicurezza dei dati rimarrà probabilmente una delle maggiori preoccupazioni per i cittadini libici. Difficile fidarsi ancora.
photo by Maggie Osama
November 3, 2011
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