Libia: Hezbollah e Nato uniti contro il colonnello Gheddafi?

di Marco Di Donato (CISIP)
I paradossi nella politica del Vicino e Medio Oriente sembrano non avere mai fine. Doppie misure, standard differenti, atteggiamenti mutevoli, notizie inaspettate. Notizie come quella apparsa lo scorso 14 aprile su Nowlebanon.com, secondo cui il vicemistro degli Esteri libico Khaled al-Kaaim ha accusato il Partito sciita libanese Hezbollah di aver inviato cecchini nella città di Misurata per sostenere le attività dei ribelli libici.

Roma, 26 agosto 2011 – Un’accusa forte e decisa. Un’accusa che, seppur non supportata da prove evidenti, Hezbollah si è immediatamente affrettato a rispedire al mittente definendola priva di fondamento. Una fretta sospetta (la smentita ufficiale giunge in meno di 24 ore) che suona come una parziale ammissione di colpevolezza. Una tesi accusatoria confermata sulle colonne del Daily Mail dall’ammiraglio James Stavridis, Comandante supremo delle forze alleate della Nato, convinto della presenza di Hezbollah nella città di Bengasi. La figlia del colonnello Gheddafi, Aisha, ha poi rincarato la dose, affermando che oltre al Partito di Dio, anche il movimento di resistenza islamico di Hamas risultava impegnato nel sostenere attivamente le truppe dei ribelli. Per quanto concerne Hamas sembra oltremodo improbabile che un gruppo armato che riesce a mantenere con estrema difficoltà il controllo su un territorio piccolo come la Striscia di Gaza possa impegnare altre forze su scenari che non sia quello palestinese. Più probabile invece, così come riportano alcune testate giornalistiche e siti web, che una volta aperti gli arsenali di Geddafi, le armi siano state acquistate proprio da Hamas. Per quanto concerne Hezbollah il discorso è certamente più complesso. Prima di tutto gli sciiti hanno una capacità militare e di intelligence tale da poter trasportare uomini e mezzi al di fuori del contesto libanese. Basti pensare che nel 2009, 49 membri del Partito di Dio furono arrestati in Egitto con l’accusa di ordire un complotto contro Hosni Mubarak. Non solo. Hezbollah può appoggiarsi alla rete sciita sparsa nel mondo. Di più. La sua presenza è stata indiscutibilmente registrata persino al di fuori del contesto mediorientale, in particolare in America Latina e alcune zone dell’Europa orientale. Secondariamente Hezbollah, e più in generale tutto il mondo sciita, si interroga da oltre 30 anni sulla sorte dell’Imam Musa al-Sadr. Scomparso nel 1978, proprio mentre era in viaggio in Libia e proprio per mano di Muammar Gheddafi, l’immagine dell’imam iraniano dalle origini libanesi ha assunto un carattere epico all’interno del mondo sciita. Se fino ad oggi il suo destino è rimasto coperto da una fitta cortina di mistero, la caduta del colonnello potrebbe invece far luce su un caso che appare tutt’altro che chiuso. Ufficialmente Musa al-Sadr risulta “scomparso”. Se fosse ancora vivo, così come ha recentemente sostenuto proprio la famiglia di Al-Sadr sulle maggiori testate giornalistiche arabe, oggi avrebbe 83 anni. Un’ipotesi questa altamente improbabile, ma non impossibile. Non è un caso allora che proprio a poche ore dalla caduta di Gheddafi, il Partito di Dio libanese abbia subito chiesto ai ribelli libici di fare chiarezza sulla sorte dell’Imam sciita. Non sarebbe strano ipotizziare che Hezbollah abbia offerto il proprio supporto ai ribelli libici, chiedendo in cambio di conoscere la reale sorte di Musa al-Sadr. In più, qualora al-Sadr fosse realmente morto in quel lontano agosto del 1978, aiutando i ribelli libici anti-Gheddafi, Hezbollah avrebbe comunque ottenuto la caduta dell’odiato colonnello Gheddafi. Un elemento da non sottovalutare. In un momento storico come quello attuale, dove tutte le attenzioni sono concentrate sulle rivolte nel mondo arabo, Hezbollah aveva, ed ha ancora adesso, tutto l’interesse affinché sulle prime pagine dei media internazionali siano scritti i nomi di Muammar Gheddafi e Bashar Assad, invece che di Mustafa Amine Badreddine, Salim Jamil Ayyash, Hussein Hassan Oneissi e Assad Hassan Sabra. Questi ultimi quattro sono certamente molto meno conosciuti, ma risultano non meno importanti per le sorti del Vicino Oriente e in particolare del Libano. Sono infatti loro i membri di Hezbollah ad esser stati ufficialmente accusati dal Tribunale Speciale per il Libano nel processo riguardante l’assassinio di Rafiq Hariri. Il 17 Agosto 2011, nel relativo silenzio dei media internazionali, evidentemente troppo impegnati su altri fronti, il Tribunale Speciale per il Libano ha reso pubblico il proprio atto d’accusa, includendo nella lista dei sospetti colpevoli anche i quattro succitati membri del Partito di Dio. Un evento da non ignorare poiché potrebbe avere ricadute nel breve termine sulla stabilità interna del Libano. Una stabilità che già inizia a risentire delle rivolte in atto nella vicina Siria. Dunque Hezbollah potrebbe aver agito in prima persona sullo scenario libico. Non vi sono tuttavia prove dirette di un suo coinvolgimento, anche se sussistono forti indizi in tale direzione: la natura quasi personale del profondo odio che intercorre fra Hassan Nasrallah e il colonnello Gheddafi, la scomparsa di Musa al-Sadr e la possibilità di far definitivamente luce sulla sorte di una delle maggiori figure del mondo sciita del ‘900 ed infine la garanzia di aver i media internazionali impegnati su un fronte diverso da quello libanese, con la notizia dell’atto d’accusa emanato dal Tribunale Speciale del Libano passato in secondo piano.Libia,Articoli Correlati:

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