Il diritto islamico istituzionalizza la disparità di genere? Si può combattere per l’uguaglianza abbracciando una fede religiosa? Alcune sostengono che i due aspetti siano incompatibili. Altre, come le femministe islamiche, che non si escludano a vicenda. Il dibattito è aperto: ecco alcune testimonianze.
di Colleen Boland* – traduzione a cura di Cecilia Dalla Negra
Tra le argomentazioni più diffuse in ambiente femminista, accademico e giornalistico, c’è quella secondo cui il sistema legale in Medio Oriente avrebbe codificato le disparità di genere in accordo con i precetti stabiliti dall’Islam.
Il diritto islamico è presente in molti Costituzioni del Medio Oriente, poiché i codici mescolano spesso leggi civili derivanti dal modello europeo ai principi della shari’a.
Indiscutibilmente, molti di questi sistemi riconoscono alle donne minori garanzie contro le discriminazioni rispetto al resto del mondo, come sottolineato dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni che si battono per la promozione dei diritti umani nel quadro della legalità internazionale.
Uno dei principi della shari’a, la qiwama, o l’autorità dell’uomo sulla donna, è citata come la struttura di fondo su cui si basa questa legislazione iniqua.
I codici di famiglia e lo Statuto personale sono spesso una valida dimostrazione di questa disparità.
Allo stesso tempo, c’è chi sostiene l’opposto, come le femministe islamiche, che si battono per ottenere leggi progressiste e maggiori diritti.
Invece di considerare l’Islam come radice fondamentale della discriminazione di genere, identificano gli attori statali o le élite dominanti come colpevoli: leader che manipolano la religione per i loro fini politici, spesso opprimendo interi settori della società, comprese le donne.
Le femministe islamiche abbracciano la propria fede, la propria cultura e le tradizioni, sostenendo con forza riforme legislative e interpretazioni che riflettano una comprensione diversa, e più moderna, del ruolo della donna nella società.
Non cercano di eliminare l’Islam dalla sfera civile: in realtà, la loro battaglia per le donne nasce proprio dalla fede.
“La lettura femminista dell’Islam, come di ogni altra tradizione religiosa, ha molto da offrire sia alla visione religiosa che alla ricerca della giustizia. Il femminismo islamico sostiene che i principi della shari’a, come la qiwama, possano essere interpretati in molti modi, ma anche che nel corso della storia le élite maschili abbiano usato e interpretato la legge contro la giustizia per perseguire i propri scopi”, afferma Ziba Mir Hosseni, una delle più importanti studiose islamiche femministe.
Le origini della legge islamica risalgono all’arrivo del Profeta Maometto a Medina, intorno al 622. Dopo la sua morte, interpretazioni autorevoli o ijtihad (letteralmente “sforzo”, “applicazione”, ndt) dei testi, come il Corano o la Sunna (il complesso degli atti e dei detti del Profeta, ndt) hanno dettato il metodo per sviluppare il diritto islamico.
Nella tradizione sunnita si sono sviluppate quattro principali scuole giuridiche – la malikita, la hanafita, la shafi’ta e la hanbalita – e molte altre nella tradizione sciita.
Per ottenere riforme, le femministe islamiche agiscono sia sul piano legale che su quello burocratico, legislativo e giuridico, cercando di mettere un freno alla discriminazione delle donne. (…)
Si uniscono inoltre alle loro colleghe laiche nel criticare gli attuali codici legali, specialmente quelli familiari e lo Statuto personale, le leggi sul divorzio, sull’eredità e sulla custodia dei figli.
Questo approccio al femminismo è messo in discussione da molti punti di vista: una delle accuse principali è che il suo tentativo di riconciliazione tolga forza al più vasto movimento femminista, sminuendo la capacità di ottenere cambiamenti reali in modo più rapido ed efficace.
Leila Ahmed, altra importante studiosa, spiega che “le femministe di ogni religione hanno sempre ferocemente discusso su quale fosse l’origine dell’oppressione delle donne. È il patriarcato, la religione, il razzismo, l’imperialismo, l’oppressione di classe o un qualche mix letale e tossico di tutto questo? Le femministe hanno sempre avuto opinioni divergenti anche sulle possibili soluzioni, così come contro chi o cosa dovremmo combattere per liberare le donne”.
E dal momento che la loro battaglia è quella di una larga parte della popolazione, non c’è da sorprendersi che le strategie e i ragionamenti siano complessi e, talvolta, in contrasto.
Forse i diritti delle donne sarebbero maggiormente rispettati se le loro diverse convinzioni fossero apprezzate, se il loro diritto di perseguire i propri interessi fosse rispettato, così come quello di battersi contro le discriminazioni in un modo che le faccia sentire rappresentative della loro identità.
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January 13, 2013
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