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La Carta di Lampedusa: parola d’ordine “libertà”

Decine di movimenti e organizzazioni si sono riunite a Lampedusa per immaginare “una nuova geografia per l’Europa, senza più confini”. Obiettivo raggiunto per la Carta di Lampedusa, con cui si stringe il nuovo patto sociale della società civile in movimento. 

 

 

 

L’obiettivo era quello di “riscrivere i confini dell’Europa, e con essi la mappa dei nostri diritti”. Per questo si sono incontrati dal 31 gennaio al 2 febbraio scorso, sull’isola di Lampedusa, fascia di terra nel cuore di un Mediterraneo divenuto cimitero per migliaia di migranti (368 le persone inghiottite dal mare solo il 3 ottobre scorso).  

E ci sono riusciti.

Decine di reti, organizzazioni, associazioni, movimenti europei e nordafricani hanno risposto all’appello lanciato nei mesi scorsi dal progetto Melting Pot Europa: oltre 300 gli iscritti soltanto alla prima giornata di lavori, tanto che gli organizzatori hanno dovuto chiedere ospitalità negli spazi dell’aeroporto locale, perché una sala tanto grande per contenere tutti i presenti, sull’isola, non c’era. 

Uno straordinario successo di partecipazione della società civile, un lavoro dal basso – e partito da lontano, con un’eccezionale convergenza sul web attraverso il portale docuwiki – che ha portato all’approvazione, il 1 febbraio scorso, della Carta di Lampedusa. 

Un documento lungo, ricco e partecipato, che rispecchia istanze diverse e le accomuna, e che adesso si pone l’obiettivo di raccogliere 1 milione di adesioni: per far sentire la voce della società civile a governi sordi, e per promuovere “un altro diritto, scritto dal basso, che metta al primo posto le persone, la loro dignità, i loro desideri e le loro speranze”. Diritti che, ad oggi, “nessuna istituzione riesce a garantire”. 

E sono queste le parole d’ordine di un documento che vuole scrivere una nuova geografia, partendo dal basso. Libertà, dignità, rispetto.

Le stesse che hanno animato le rivolte della sponda Sud, portando centinaia di persone a rivoluzionare le proprie esistenze, e spesso a migrare verso quella “Fortezza Europa” che tante volte le ha respinte, sognando di attraversare quel Mediterraneo-luogo di morte che oggi la Carta elegge come suo luogo di origine.

Riappropriandosi del diritto di parola, e insieme di quell’accezione originaria di ‘mare nostrum’ fatto per unire, e non separare, popoli, identità e culture. 

Libertà di movimento per tutte e tutti, libertà di scegliere, libertà di restare. Ma anche libertà di resistere a quelle politiche “tese a creare divisione, discriminazione, sfruttamento e precarietà degli esseri umani, che generano diseguaglianza e disparità”, così come a tutti gli strumenti repressivi messi in atto per contenerle.

E’ a questa parola che la prima parte del documento è dedicata, in un’affermazione positiva che si pone in netto contrasto con le politiche messe in campo in anni recenti da governi e istituzioni attraverso sofisticati sistemi di respingimento e controllo dei flussi migratori.

E’ qui che vengono chiamati in causa in primis il sistema Eurosur e l’agenzia Frontex, di cui la Carta chiede apertamente lo smantellamento: è il lungo capitolo dedicato alla “smilitarizzazione dei confini”, necessità collegata alla “sospensione immediata di ogni pratica di respingimento formale o informale alle frontiere interne ed esterne dell’Unione Europea”. 

Il documento chiede anche la chiusura di tutti i centri di detenzione, la fine della pratica dell’accoglienza emergenziale, e la determinazione del diritto di accesso al lavoro, alla vita sociale e politica del paese di arrivo, alla salute e all’istruzione, in un’ottica che ponga fine alla “pratica di controllo dello status delle persone”. 

E’ un’Europa aperta quella che i movimenti hanno immaginato e riscritto, senza frontiere, senza confini, che metta al centro l’essere umano e i suoi diritti e sia capace di stabilire nuove relazioni tra persone, ridefinendo il concetto stesso di ‘cittadinanza’.

Tra le necessità evidenziate, infatti, anche quella di affermare “un linguaggio della non discriminazione, in virtù di una visione politica di relazione tra le persone che non dipenda in alcun modo dalla loro origine, cittadinanza, appartenenza culturale o religiosa, combattendo ogni linguaggio fondato su pregiudizi, discriminazioni e razzismo, comunque si manifesti, in ogni contesto e in ogni luogo”. 

Di seguito pubblichiamo il preambolo della Carta di Lampedusa. La versione completa, pubblicata sul sito Melting Pot Europa, è disponibile qui. Per aderire invece info@lacartadilampedusa.org

 

Carta di Lampedusa – Preambolo 

La Carta di Lampedusa è un patto che unisce tutte le realtà e le persone che la sottoscrivono nell’impegno di affermare, praticare e difendere i principi in essa contenuti, nei modi, nei linguaggi e con le azioni che ogni firmatario/a riterrà opportuno utilizzare e mettere in atto.

La Carta di Lampedusa è il risultato di un processo costituente e di costruzione di un diritto dal basso che si è articolato attraverso l’incontro di molteplici realtà e persone che si sono ritrovate a Lampedusa dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014, dopo la morte di più di 600 donne, uomini e bambini nei naufragi del 3 e dell’11 ottobre 2013, ultimi episodi di un Mediterraneo trasformatosi in cimitero marino per le responsabilità delle politiche di governo e di controllo delle migrazioni.

La Carta di Lampedusa non è una proposta di legge o una richiesta agli stati e ai governi.

Da molti anni le politiche di governo e di controllo dei movimenti delle persone, elemento funzionale alle politiche economiche contemporanee, promuovono la disuguaglianza e lo sfruttamento, fenomeni che si sono acuiti nella crisi economica e finanziaria di questi primi anni del nuovo millennio.

L’Unione europea, in particolare, anche attraverso le sue scelte nelle politiche migratorie, sta disegnando una geografia politica, territoriale ed esistenziale per noi del tutto inaccettabile, basata su percorsi di esclusione e confinamento della mobilità, attraverso la separazione tra persone che hanno il diritto di muoversi liberamente e altre che per poterlo fare devono attraversare infiniti ostacoli, non ultimo quello del rischio della propria vita.

La Carta di Lampedusa afferma come indispensabile una radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici – che caratterizzano l’attuale sistema e che sono a fondamento dell’ingiustizia globale subita da milioni di persone – a partire dalla costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione alcuna che si basi sulla nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita.

La Carta di Lampedusa si fonda sul riconoscimento che tutte e tutti in quanto esseri umani abitiamo la terra come spazio condiviso e che tale appartenenza comune debba essere rispettata. Le differenze devono essere considerate una ricchezza e una fonte di nuove possibilità e mai strumentalizzate per costruire delle barriere.

La Carta di Lampedusa assume l’intero pianeta come spazio di applicazione di quanto sancisce, il Mediterraneo come suo luogo di origine e, al centro del Mediterraneo, l’isola di Lampedusa.

Le politiche di governo e di controllo delle migrazioni hanno imposto a quest’isola il ruolo di frontiera e confine, di spazio di attraversamento obbligato, fino a causare la morte di decine di migliaia di persone nel tentativo di raggiungerla. Con la Carta di Lampedusa si vuole, invece, restituire il destino dell’isola a se stessa e a chi la abita. È a partire da questo primo rovesciamento dei percorsi fino ad oggi costruiti dalle regole politiche ed economiche predominanti, che la Carta di Lampedusa vuole muoversi nel mondo.

Indipendentemente dal fatto che il diritto dal basso proclamato dalla Carta di Lampedusa venga riconosciuto dalle attuali forme istituzionali, statali e/o sovrastatali, ci impegniamo, sottoscrivendola, ad affermarla e a metterla in atto ovunque nelle nostre pratiche di lotta politica, sociale e culturale.

La Carta di Lampedusa è divisa in due parti che rispecchiano la tensione tra i nostri desideri e le nostre convinzioni e la realtà del mondo che abitiamo.

La Parte Prima elenca i nostri principi di fondo da cui muoveranno tutte le lotte e le battaglie che si svilupperanno a partire dalla Carta di Lampedusa. La Parte Seconda risponde invece alla necessità di confrontarsi con la realtà disegnata dalle attuali politiche migratorie e di militarizzazione dei confini, con il razzismo, le discriminazioni, lo sfruttamento, le diseguaglianze, i confinamenti e la morte degli esseri umani che esse producono, affermando, rispetto a tale realtà, i punti necessari per un suo complessivo cambiamento. 

 

*La foto di copertina è di 

 

February 03, 2014di: Cecilia Dalla Negra Articoli Correlati: 

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