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È tempo di bilanci. Era il gennaio di un anno fa a dar fuoco alla miccia che avrebbe sconvolto il mondo arabo nei 12 mesi a seguire. Ora Amnesty International fa il punto della situazione. Rivolte, manifestazioni, rovesciamenti di regime. Ma quanto è cambiato nella sostanza? Il bottino appare magro, grazie anche alla sorprendente “incoerenza” della comunità internazionale.

 

 

di Maria Letizia Perugini

 

Il 2011 viene definito da Amnesty International come “un anno senza precedenti per i popoli della regione mediorientale e nordafricana”. In un rapporto di 80 pagine, l’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umani, presenta un bilancio delle rivolte arabe dell’anno appena concluso.

Un anno in cui milioni di persone di tutte le età e di tutte le estrazioni si sono riversate nelle strade, per chiedere cambiamento.

‘Primavera araba’ sicuramente, ma anche amazigh e curda, a sottolineare come tutti i popoli della regione abbiano voluto esprimere il proprio dissenso, frutto di decenni di frustrazione e oppressione.

Manifestazioni, ma anche repressioni violente. Un anno tumultuoso fatto di profonde sofferenze e grandissime speranze.

Il rapporto analizza le rivolte di tutti i paesi della regione, seguendo l’evoluzione cronologica e i meggiori eventi politici, con una particolare attenzione alle violazioni dei diritti umani e alle repressioni.

Le morti, gli arresti arbitrari, l’uso eccessivo della forza. Sono tutti elementi che hanno caratterizzato in modo quasi uniforme le molte primavere della regione, che pure hanno avuto tutte una propria specificità.

Ciò che invece è stato davvero mutevole e poco coerente nel corso di tutte le rivolte è stato il modo in cui la comunità internazionale ha scelto di reagire di volta in volta alle piazze.

L’incoerenza nelle risposte fornite dalla comunità internazionale rispetto a eventi che in qualche modo andavano nella stessa direzione è stata “sorprendente”.

Appoggio all’intervento in Libia, per proteggere i civili, ma poi lunghe titubanze sulla Siria. Appelli alla Corte penale internazionale per Gheddafi, ma accettazione di un accordo che garantisce l’immunià al presidente yemenita Saleh. Grandi ovazioni ai popoli egiziani e tunisini, ma poi silenziosa indifferenza per la repressione attuata in Bahrain, con l’appoggio dell’Arabia Saudita. E infine le armi, sempre e solo occidentali.

Per l’organizzazione è quindi davvero troppo presto per dire se questo 2011 ha effettivamente cambiato il volto della regione. Le coscienze si sono sicuramente risvegliate, ma cosa potranno davvero fare contro gli interessi politici ed economici che per decenni hanno ruotato intorno ai governanti mediorientali?

 

January 11, 2012

 

Allegati: MENA_Year_of_Rebellion.pdfAlgeria,Arabia SauditaBahrain,Egitto,Emirati Arabi UnitiGiordania,Iran,Iraq,Israele,Kuwait,Libano,Libia,Marocco,Oman,Palestina,Qatar,Siria,Tunisia,Turchia,Yemen,Articoli Correlati: 

Redazione

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