“Il problema é sapere cosa ne sarà di noi. A Sinjar non torneremo, sicuramente non quest’anno. Lasciare illegalmente il paese é troppo rischioso, significa avvicinarsi di più alla morte, con un futuro ancora più incerto.” Il racconto di Sulaiman, a un anno dalla fuga di milioni di persone in Iraq.
Month: June 2015
Guerra fredda. Questione israelo-palestinese. Dispute mediorientali all’interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg). Multinazionali e investimenti manovrati. E’ tutto fuorchè uno scandalo sportivo il ciclone giudiziario che sta travolgendo i vertici del calcio mondiale dopo le indagini e gli arresti disposti dall’agenzia federale americana nota come FBI nei confronti di dirigenti e collaboratori Fifa.
Un album meraviglioso, capace di trascinare l’ascoltatore in una Città Santa visionaria, dalle mille facce, sempre in bilico tra il sogno e la realtà.
“Molti in Occidente credono che la popolazione di Mosul abbia accolto Isis a braccia aperte. Non è affatto vero.
“Senza la sinistra, la società civile laica critica, l’HDP non ce l’avrebbe mai fatta, ed é stata questa a consentirgli di dire no all’autoritarismo e sì alla difesa delle minoranze e all’eterogeneità della Turchia.” Con un’intervista a Lea Nocera Osservatorio Iraq commenta le recenti elezioni legislative in Turchia.
La denuncia di Amnesty International, che pubblica una mappa interattiva e un rinnovato appello affinchè la crisi umanitaria venga risolta: “Ad un anno dall’assalto di Daesh, l’Iraq e’ in preda a una spirale di violenza settaria”.
La storia di Sisa Abo Daooh, che per oltre 40 si è travestita da uomo per poter lavorare e mantenere la famiglia, è un esempio di caparbietà. Ma ricorda anche come in Egitto la disparità di genere sia una piaga ancora attuale.
Con il loro nuovo lavoro, uscito il 15 maggio, il collettivo di musica elettronica sperimentale ci porta a Iqrit, villaggio simbolo di resistenza e della speranza palestinese che non muore.
Si sa, non è facile essere palestinesi in uno “Stato ebraico”. Ma la rivolta degli ebrei etiopi ricorda che non basta appartenere a questa religione per non essere discriminati. E che, anche se ebrei, è meglio essere bianchi che neri in una società in cui il razzismo è istituzionalizzato”. L’analisi di Michel Warschawsky.
“Per quanto molti attivisti siano sinceri nel loro sostegno alla causa, resta la preoccupazione della ‘solidarietà turistica’ per la quale gli occidentali sono stati particolarmente portati nel corso del XX secolo: sui principi che guidano il supporto alla lotta di liberazione ci dovrebbe essere chiarezza, e nessun compromesso possibile”.