Nel 2011 sono accaduti diversi fatti che hanno in qualche modo provocato fastidio al Regno dell’Arabia Saudita. Tuttavia, il più spiacevole è forse avvenuto a luglio, e non ha riguardato sommosse popolari, proteste o combattimenti.
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I lavoratori stranieri con il permesso scaduto hanno tre mesi per rimettersi in regola, pena l’espulsione e pesanti sanzioni. Un giro di vite che fa parte delle nuove misure del regno volte a combattere la disoccupazione dei giovani sauditi.
Un quinto della popolazione dell’Arabia Saudita, circa 28 milioni di abitanti, è costituito da immigrati. Sebbene la schiavitù sia stata abolita nel 1962, la kafala le assomiglia molto, troppo.
Il fatto che nel 2011 sollevi tanto entusiasmo la concessione dell’elettorato attivo e passivo alle donne saudite rende già da sé l’idea di quanto drammatica sia la situazione nel ‘Regno dei Saud’, in quanto a diritti della donna. In un paese in cui al ‘gentil sesso’ è vietato sposarsi e divorziare, viaggiare (prima dei 45 anni di età), studiare, lavorare, aprire un conto in banca o sottoporsi ad operazioni mediche senza il permesso di un famigliare di sesso maschile, e in cui la legge proibisce implicitamente di guidare, il diritto all’elettorato attivo e passivo può sembrare addirittura una concessione non così prioritaria.
Il nome della band viene spesso tradotto come i “non-credenti”: già solo questo è una sfida alle dure leggi religiose del regno wahabita in cui, tra mille difficoltà, questi ragazzi perseguono il loro sogno musicale.
Human Rights Watch pubblica un rapporto su undici storie di cittadini e cittadine sauditi attivi per la difesa dei diritti umani, che sono riusciti, grazie ad internet, ad aggirare gli angusti confini della censura del Regno. di Anna Toro
La polizia li ha radunati in massa, con metodi spesso brutali e violenti, per poi smistarli nei centri di detenzione e sbrigare le ultime pratiche prima di espellerli dal paese.
Riyad torna a far parlare di sé. Ma non si tratta della solita denuncia di abusi e violazioni a cui il governo degli Al Sa’ud ci ha abituato. O almeno, non solo e non direttamente.
Sono state una sessantina le cittadine saudite che sabato 26 ottobre hanno risposto alla chiamata degli attivisti e si sono messe in strada alla guida delle loro auto, sfidando uno dei più vecchi e beceri divieti sociali del regno wahabita.
2 gennaio 2012 – Le autorità saudite hanno ordinato l’arresto di 23 sciiti della provincia orientale del regno, accusati di essere i responsabili dei disordini delle ultime settimane. Lo ha annunciato poco fa la televisione di Stato, spiegando che il ministero dell’Interno ha espresso la convizione che queste persone siano ‘al servizio di una potenza straniera’, con un chiaro riferimento al rivale iraniano.